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L’attacco di blues di Simoncelli & Co.

La recensione del disco “Heart Attack”

 

Quello che mi hanno insegnato è che una stessa fede, antica più della musica stessa, è in grado di risalire dal fango del Mississippi alle strade di Chicago, contagiando chiunque si trovi sul suo cammino senza troppi fronzoli.
Così, oltre i confini spaziotemporali, anche in Italia è possibile trovarsi nel bel mezzo di un vortice di esperienze contrastanti, ma saldamente unite in questo flusso espressivo.

Proprio questa vocazione lega a sé una combriccola di musicisti che, già in giro da qualche anno, si trasformano ben presto nei Magnetoscopics e danno vita al loro Heart Attack, vibrante in ogni sua pulsazione.
Circa la metà delle 13 tracce confluite nell’album sono opera di Marco Simoncelli, un tizio tutt’altro che sconosciuto tra gli appassionati di blues (e non solo): oltre a far gravitare intorno a sé il progetto, sono proprio la sua linea vocale e il parco armoniche, siano esse diatoniche o cromatiche ad assecondare la volontà espressiva, a fare da collante all’intera collezione di brani, un saliscendi ritmico ed espressivo che conquista per la sua intensità.

Così, un disco nato con l’approvazione di Blues Made In Italy, si elettrifica dall’apertura con Clever Husband, manifesto appassionato in chiave blues, e accelera i tempi mordendo lo swing di Feel The Beat.
Accanto ai brani originali, spuntano poi quelli firmati da santi patroni della musica moderna, rivelando ben presto la malleabilità di una band che si muove oltre gli sterili confini di genere: è il caso di Dos Gardenias di Isolina Carillo così come dell’incedere di I Want To Be Loved di Willie Dixon, dove l’intreccio tra le sei corde di Tiziano Galli e l’armonica si fonde in un unicum trascinante, senza dimenticare la chiosa di Slow Down, firmata ancora Williams, con il solido tappeto ritmico di Billi Billiani e Roberto Stefani, rispettivamente basso e batteria.

In un’ottica di comunione musicale, compaiono anche ospiti come Marco Micheletti e Stefano Banfi, polistrumentisti che, accanto al gruppo, plasmano la materia musicale non solo con capacità tecniche acquisite in anni di sudore e palchi in ogni dove, ma soprattutto grazie a un innato entusiasmo, percebile anche dal supporto digitale

Quello che si chiama una lezione di stile.

 

Originally published at missbangs.wordpress.com on February 1, 2012.

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