L’8 settembre del 1966 la serie tv di Gene Roddenberry debutta negli USA. Da quel giorno, Kirk, Spock e compagnia qualche lezione l’hanno data
B en prima delle battaglie tra i vari regni di Game Of Thrones, della metanfetamina cucinata nel camper di Breaking Bad e persino del girovagare sull’isola di Lost (per citare tre capisaldi della serialità televisiva recente a caso), c’era vita nel tubo catodico.
Quando il primo episodio di Star Trek debutta sulla NBC è l’8 settembre del 1966: sarà necessario attendere il decennio successivo per l’approdo sulle frequenze della Televisione della Svizzera Italiana, addirittura il 1° maggio del 1979 per l’esordio su Telemontecarlo. Niente male, a livello di tempistiche, per una produzione che ad oggi scorre sotto la pelle della cultura collettiva con linguaggi, gesti, figure e via dicendo. Per non parlare degli interventi di fisici quantistici a sostegno o confutazione dei fenomeni proposti da Gene Roddenberry ed eredi.
Certo, la percezione delle serie televisive oggi è completamente mutata rispetto a quella del secolo scorso. Fruizione decontestualizzata, offerta ipertrofica, giudizio critico che (a ragion veduta) non le ritiene un prodotto di secondordine rispetto all’arte cinematografica.
In tutto questo, Star Trek è ben altro. Sono stati scritti decine di saggi sull’argomento ma, in questa sede, una cosa è certa: è stato ben altro per la sottoscritta. Un momento scandito con una regolarità temporale ben definita, un universo parallelo incasellato in una sospensione temporale e spaziale, un varco su di un mondo che non ha niente a che fare con quello attuale. La fantascienza al tempo dei cinque anni (o giù di lì) è una cosa meravigliosa e, in un mondo ancora spaccato in due dalla Cortina di Ferro, ho appreso così le mie prime lezioni di vita. Nonché un inossidabile substrato nerd.
1. Sono le differenze ad aiutarci a crescere
Mille razze e specie diverse, ognuna con idee, valori e principi dissimili: il mondo di Star Trek è un caleidoscopio di personaggi, umani e alieni. E i Vulcaniani hanno ben chiare le idee: questa diversità è la chiave per il progresso. Del resto, solo combinando insieme le diverse specificità è possibile confrontarsi e progredire, entusiasmarsi per nuove conoscenze, rimanere estasiati dalla bellezza. Mai riflessione potrebbe essere più appropriata, nel mondo di oggi.
2. Il pensiero critico
Nel corso della vita, i problemi capitano: non è una considerazione piacevole, ma ahimé è reale. Nella vita si presentano ostacoli, rotte da tracciare, decisioni più o meno complesse da prendere. E la semplicità non è quasi mai la soluzione più opportuna da valutare, così come l’appioppare varie condizioni al caso o al fato. Riflettere sulle situazioni, nella loro globalità, ponderare cause e conseguenze è l’unica via per portare a delle risposte: tutto questo l’avrei scoperto qualche anno più tardi, sotto il nome di pensiero critico.
3. La vera amicizia
Spock e Jim: il loro è un rapporto solido e invidiabile. I due non solo lavorano giorno dopo giorno a stretto contatto, ma passano del tempo insieme, pur nelle loro diversità. Entambi condividono dei valori profondi, vantano una reciproca conoscenza in grado di far loro apprezzare i lati più contastanti e soprattuto hanno una reciproca fiducia incommensurabile.
Le amicizie di questo tipo tendono a essere permanenti in quanto si fondano sull’apprezzamento reciproco delle qualità dell’altro
Questo è quanto sostengono Judith Barad ed Ed Robertson in L’etica di Star Trek. E il segreto racchiuso è l’eternità di queste amicizie.
4. Lo spirito di sacrificio
Le esigenze di molti e il bisogno di pochi: un bell’affare. In pratica, lo step successivo al giudizio critico, la scoperta che non sempre è possibile fare (o dire) ciò che si vuole. Dal rispetto reciproco al tirarsi indietro quando occorre. Spesso controvoglia, ma necessariamente. Quel che si dice ingoiare rospi in salsa stellare. Un’altra lezione da tenere a mente!
5. Viaggiare per conoscere e progredire
E per finire, la lezione che probabilmente più importante. Un precetto di vita che ricorda vagamente quello di un altro capitano, realmente esistito: quel James Cook che, nel XVIII secolo, desidera spingersi fin dove è possibile per un uomo andare:
Per arrivare là, dove nessuno è mai giunto prima.
Beh, un istante: per quanto mi riguarda, non proprio dove nessuno è mai giunto prima, ma non è quello il dettaglio su cui focalizzarsi. Il viaggio non è solo scoperta, è trasformazione: di noi stessi, del nostro modo di pensare, comportarci, respirare. Una ricchezza culturare inestimabile, la più preziosa. Che si tratti delle strade di Shoreditch o delle rovine di Sygirya, poco importa: viaggiare è l’essenza stessa della conoscenza e della vita. E dalla nave di Ulisse all’Enterprise, il passo è più breve di quanto si pensi.