Tra luci, bouchon e vie lastricate del centro storico: Lione è una città moderna, raffinata e incantevole
L ione è la terza città più grande di Francia, in ottima compagnia con Parigi e Marsiglia. Niente male, tuttavia per la sottoscritta era solo un agglomerato urbano perso da qualche parte sulle rive del Rodano, con svariate comparsate nelle pagine di storia più interessanti… almeno fino al giorno in cui il treno ha inchiodato nella stazione di Part-Dieu.
Trascorrere pochi giorni nelle sue vie e avere voglia di raccontare una città inedita impone comunque una riflessione: quale può essere il fil rouge per descriverla? Come spesso accade, la soluzione è nella domanda stessa e si rivela proprio in quel colore, sparso un po’ ovunque negli ultimi (e gelidi) giorni di dicembre.
Tracce di rouge spiccano già sulle lanterne cinesi sospese tra i sontuosi palazzi di Rue de la République, creando una bellezza straniante. Questo accostamento atipico ha un’origine ben precisa: ogni anno, nei giorni dell’Immacolata, Lione celebra la Fête des Lumières, illuminando vie e monumenti. Da antica tradizione a evento internazionale, quest’anno la manifestazione ha visto il gemellaggio con Zigong, paese della provincia del Sichuan rinomato (non a caso) per il suo Festival delle Lanterne. Una decina di artisti cinesi sono dunque approdati qui per mettersi al lavoro con Gilles Flouret, a capo dell’evento lionese, dando vita a questa e altre magie. Così è arrivata la moltitudine di lanterne disseminate per il centro, alcune dal diametro di due metri e mezzo, per sfoggiare un’eleganza discreta di giorno e trasformarsi in caleidoscopio luminescente la notte.
E mentre, nelle ore più buie, un alone scarlatto colora anche l’Opéra Nationale, facendo capolino dalle vetrate della facciata neoclassica, è bene ricordare che Lione trasuda musica: basta ricordare le Nuits Sonores, quando tutta la città pulsa ai ritmi dell’ elettronica.
Per il festival musicale bisogna però attendere la primavera. Tornando al presente e restando a Les Cordeliers, ci si rende conto che il quartiere è una sorta di penisola alla confluenza tra due grandi fiumi, Rodano e Saona. Lasciandosi alle spalle i palazzi monumentali e i café della via sopra citata, è possibile scoprire nei dintorni un’altra zona, brulicante di varia umanità all’ora (non a caso) dei pasti.
Nella Rue Mercière, il rouge scorre nei calici: è quello dei vini della Borgogna e, uno su tutti, del Beaujolais. Qui il il vino è ben più di una bevanda: è distillato di orgoglio, simbolo di appartenenza e oggetto di venerazione. E se lo dice uno scrittore francese (amico peraltro Marcel Proust), direi che è presente una fonte più autorevole della sete di una visitatrice di passaggio:
”Lione è una città bagnata da tre grandi fiumi: il Rodano, la Saona e il Beaujolais.
— Léon Daudet
Una data importante nella regione di Rhône-Alpes è il terzo giovedì di novembre, quando viene alla luce il Beaujolais Nouveau e sono decine i viticoltori che ne annunciano la gloria. In città, questo vino lo si prova nei tipici bouchon lionesi: letteralmente “bouchon” è il tappo di sughero, in loco sinonimo di un ristorante delizioso dove leccarsi i baffi.
A Lione sono poco più di una ventina quelli certificati come originali, ma è facile trovarli disseminati ovunque, specialmente nei quartieri intorno al centro storico. La cucina è ovviamente tradizionale e robusta, con un buon vino per mandare giù il tutto indispensabile. D’altro canto, l’atmosfera è calda e accogliente, a far venire voglia di piantare radici dentro quei locali antichi e dimenticarsi il freddo dell’esterno.
Non essendoci ahimé tempo a sufficienza per sconfinare dalla città e avventurarsi tra colline e campagne per andare all’origine del culto enogastronomico, basta superare uno dei ponti sulla Saona per raggiungere invece il colle cittadino. Qui sorge il quartiere più antico, dominato dalla basilica Notre-Dame de Fourvière e dalla Tour Métallique (nota anche come “Ehi, ma quella è la Tour Eiffel!”), senza dimenticare la cattedrale di Saint-Jean e i suoi tesori.
Tra i vicoli lastricati di pietra, si affacciano innumerevoli cortili e portoni. In modo particolare, qui è possibile scoprire i tipici traboule, le celebri gallerie lionesi: sono centinaia strette tra i palazzi della Vieux Lyon. Nel centro storico, tra fascino medievale e splendore rinascimentale, tracce di rouge compaiono tra le insegne degli atélier e scorrendo i dorsi dei vecchi libri esposti nelle viuzze. In particolare, parlano di storia e di teatro quelli sfoggiati dalla Librairie Diogène, nei quali spiccano Les facétieuses nuits de Straparole, ovvero traduzioni de Le piacevoli notti arrivate da chissà quale biblioteca.
Parlando con i lionesi e camminando per queste strade è facile scoprire il contributo di Lione al mondo: una manciata di esempi? L’esistenza di un vertice del triangolo magico con Torino e Praga; le immagini in movimento del cinematografo di Auguste e Louis Lumière; l’intensità della corrente elettrica tradotta in unità di misura daAndré-Marie Ampère; Le petit prince da citare a sfinimento, con buona pace di Antoine de Saint-Exupéry; le oltre cento reti con il Real Madrid di Karim Benzema.
Per quanto mi concerne, Lione resterà una città in grado di coniugare anima moderna con un allure raffinato, uno di quei luoghi dove arrivare senza nemmeno conoscere il nome di una vita e poi tornare a casa (in questo caso proprio con l’inizio del nuovo anno) con la ricchezza della scoperta. Come dopo ogni viaggio, non importa dove si finisca o per quanto tempo si stia via, deve essere.
Tutte le immagini sono state scattate dalla sottoscritta a Lione negli ultimi (e freddi) giorni di dicembre 2016.