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A 50 anni dal primo igloo, Mario Merz è protagonista di una monografica negli spazi dell’Hangar Bicocca di Milano.

Il nome di Mario Merz è da sempre e indissolubilmente legato a innovazione, energia, sperimentazione. Oggi, sono trascorsi 50 anni esatti dalla creazione del primo igloo, oggetto che diventerà simbolo nella sua produzione artistica, segno costante e perno sul quale innestare un linguaggio in costante innovazione.
Per celebrare questo anniversario, gli spazi milanesi di Hangar Bicocca ospitano Igloos, una rassegna dedicata alle opere più rappresentative di Merz, realizzate dalla fine degli anni ‘60 alla sua scomparsa, nel 2003. La mostra prende vita con la collaborazione della Fondazione titolata all’artista ed è curata da Vicente Todolí, con opere provenienti da musei e collezioni private di tutto il mondo.

Gli igloo di Merz

Punto di partenza per la rassegna, è la personale di Merz che, alla Kunsthaus di Zurigo nel 1985, presenta una raccolta di tutti gli igloo realizzati sino ad allora
“al fine di formare un villaggio, un paese, una ‘Città irreale’ nello spazio espositivo”, come afferma il curatore Harald Szeemann. Quei 17 igloo, nel corso degli anni, raddoppiano e conducono l’artista a esplorare, destrutturare e sviluppare l’immaginario a loro legato, portando questa semplice struttura sul panorama artistico contemporaneo internazionale.

iglù (o iglò) s. m. [adattam. dell’ingl. igloo, voce di origine eschimese]. – Tipica abitazione invernale degli Eschimesi, a forma di mezza sfera, composta di blocchi di neve disposti a spirale decrescente, munita, alla sommità della cupola, di un foro per la ventilazione e per la fuoruscita del fumo, e completata da un basso corridoio d’accesso, fatto anch’esso di blocchi
[Treccani]

Da abitazioni primordiali, presenti nell’immaginario di ciascuno dall’infanzia, Mario Merz eleva gli igloo ad archetipo abitativo, ma non solo: diventano infatti anche una concreta metafora del rapporto tra interno ed esterno, tra spazio naturale e architettonico, tra luogo fisico e concettuale.
Tutto questo grazie a una struttura metallica rivestita da diversi materiali, di uso comune, dal vetor alla iuta, dall’argilla alle pietre, con l’innesto di altri elementi, come scritte al neon. Come afferma Merz stesso:

“L’igloo è una casa, una casa provvisoria. Siccome io considero che in fondo oggi noi viviamo in un’epoca molto provvisoria, il senso del provvisorio per me ha coinciso con questo nome: igloo”

Questa dichiarazione è contenuta ne In Prima Persona. Pittori e scultori italiani: Mario Merz, Giulio Paolini, Mimmo Spadini, Alighiero Boetti di Antonia Mulas, trasmessa su RAI Tre il 25/12/1984.

La mostra di Merz all’Hangar Bicocca

Tra le navate di Hangar Bicocca, si ha così l’occasione non solo di vedere da vicino, bensì per trovarsi proprio al centro di queste opere. Inoltre, ciascuna di esse rivela quei temi così preziosi per la ricerca di Mario Merz: l’utilizzo combinato di materiali industriali e naturali, il constante dialogo tra spazio e architettura, il rapporto con la parola scritta, utilizzata in modo evocativo all’intero delle opere grazie all’energia e del neon.
Il percorso espositivo, sviluppato in nuclei secondo un ordine cronologico, è suddiviso per decenni. Si passa così dall’Igloo di Giap, realizzato nel 1968, ad
Auf dem Tisch, der hineinstösst in das Herz des Iglu, del 1974. La complessità si accentua negli anni ’80 e continua nei ’90, quando ogni singola opera prevede igloo che si intersecano e moltiplicano, come Senza titolo (doppio igloo di Porto), del 1998: quest’opera in particolare si riallaccia con la storia dell’artista e con Hangar Bicocca, è stata infatti realizzata per la mostra personale di Merz Fundação de Serralves, curata proprio da Todolí. Non va inoltre trascurato La goccia d’acqua, del 1987, che resta l’igloo più grande di Merz con i suoi dodici metri di diametro, presentato al CAPC di Bordeaux.

Chi è Mario Merz: dall’arte povera agli igloo

Mario Merz, classe 1925, nasce a Milano ma è Torino che lo vede crescere come uomo e artista. Proprio la città piemontese è scenografia di alcune tappe importanti della sua carriera artistica, come la prima mostra personale, organizzata a metà anni ’50 presso la Galleria La Bussola, e l’incontro con il critico Germano Celant. Proprio quest’utlimo crea l’espressione “arte povera”, includendo Merz tra i suoi maggiori esponenti. L’artista esprime infatti l’esigenza della trasmissione di forze ed energie tra materiali organici e non, utilizzando oggetti di uso quotidiano, neon, elementi scientifici, abbandonando progressivamente la bidimensionalità per arrivare all’oggetto nella sua interezza. La forma dell’igloo, entrata a far parte del suo codice espressivo alla fine degli anni ’60, completa questo canone di ricerca espressiva, diventando un archetipo stilistico per oltre 30 anni. Merz muore a Torino, nel 2003.

Igloos di Mario Merz si tiene all’Hangar Bicocca (Milano), dal 25 ottobre 2018 al 24 febbraio 2019. Per informazioni sulla mostra: www.hangarbicocca.it

Immagine in apertura: Mario Merz, Spostamenti della terra e della luna su un asse, 2003. Veduta dell’installazione, Fondazione Merz, Torino, 2011. Courtesy Fondazione Merz, Torino. Foto: Paolo Pellion.

Samantha Colombo

Sono un'entusiasta delle parole per professione, etnomusicologa di formazione: scrivo, su carta e online, aiuto le persone a esprimersi attraverso la scrittura e navigo serena nella SEO editoriale. Un paio di cose su di me? Nell’anno della mia nascita, i Talking Heads pubblicano «Remain In Light» e la Cnn inaugura le trasmissioni.  Ho una newsletter, i Dispacci, e il mio primo romanzo è «Polvere e cenere».

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