A Palazzo Reale di Milano, la mostra di Max Ernst è occasione per riscoprire un genio multiforme, dall’ispirazione inesauribile.
Sulla soglia della Biennale di Venezia, un solerte funzionario invita una coppia ad allontanarsi. I due incrociano i loro sguardi, un breve tentennamento e, dopo alcuni istanti, si dissolvono, addentrandosi tra le calli.
È il 1954 quando, inaspettatamente, la Biennale assegna il primo premio alla pittura a Max Ernst. Quando arriva per ritirare il premio, accompagnato dalla moglie Dorothea Tanning, nessuno li riconosce e sono rimbalzati all’ingresso. La coppia decide pertanto di andare alla ricerca dei capolavori di Tintoretto disseminati tra chiese e palazzi, senza farsi troppi problemi.
Un’opera imprevedibile, sorprendente ed eterna
L’aneddoto — ed è tutto vero — testimonia come l’artista non abbia fatto grande promozione di sé stesso, in vita: è sempre stata l’arte a parlare, a dichiarare con voce ferma e nitida prolificità creativa e inesauribile voglia di esplorare. L’arte può, e deve per Ernst, essere realizzata con metodi non convenzionali. Ed ecco perché Max Ernst il pittore, lo scultore, il poeta, il teorico dell’arte, lo studioso delle lettere e delle scienze, sfugge a ogni incasellamento.
A Milano, nelle sale di Palazzo Reale, sono esposte 400 sue opere, parecchie delle quali riscoperte dopo molto tempo; quadri, collage, sculture, libri e così via provengono da musei e collezioni, pubbliche e private, sparsi per il mondo. Attraverso ciascuno di questi oggetti, insieme al genio di Ernst, pulsano settant’anni di storia travagliata del mondo.
Nelle opere di Max Ernst, ferite e cicatrici — la Prima Guerra Mondiale combattuta da soldato, l’esilio forzato negli Stati Uniti dopo l’internamento nazista poiché ritenuto “artista degenerato” dal regime — si riempiono di luce, diventano stimolo per una ricerca incessante. La natura compare sin dalle prime opere, la memoria accompagna in modo preponderante gli ultimi anni di vita; dal primo all’ultimo giorno scorre un’energia inesauribile, una voglia di travalicare i confini espressivi. La scienza, nelle sue varie declinazioni, permea i lavori prima che lo sbarco sulla Luna porti nella comunicazione di massa un afflato per il cosmo e la tecnologia.
Il mosaico creativo di Max Ernst
Marcel Duchamp sosteneva che nell’opera di Ernst fosse presente un intero catalogo surrealista, tuttavia l’interessato ha sempre rivendicato la propria singolarità e complessità rispetto a un movimento, pur quando ne sfiora i paradigmi e talvolta ne diventa uno tra i maggiori ispiratori, basti pensare a dadaismo, Der Blaue Reiter, metafisica, espressionismo astratto, informale.
Forse il suo volto non è stato familiare alla stampa o agli addetti ai lavori della Biennale, ma il suo genio è unico e la sua firma inconfondibile.
Il mosaico di Ernst è un’armonia di indipendenza e libertà espressiva, una mente senza preconcetti che assorbe una cultura senza confini, un approccio umanista, in grado di indagare il mondo intero, senza trascurare le fragilità e i misteri dell’animo umano. Ecco dove sgorga l’esigenza di novità, di abbattere i confini espressivi e cercarne di inediti, come avviene, ad esempio, per collage senza colla, frottage e grattage; a lui si riconduce anche l’idea del dripping, che sarà poi ripreso da Jackson Pollock.
Come scrive Martina Mazzotta, curatrice della mostra a Palazzo Reale di Milano, nelle pagine del catalogo: «La sua opera è come la sua vita, imprevedibile e sorprendente».
Un film
L’âge d’or di Luis Buñuel (1930)
Secondo film del regista spagnolo, come il debutto Un chien andalou (1929) è sceneggiato insieme a Salvador Dalí. Scandito da sei episodi, vede tra i protagonisti anche Max Ernst, nel ruolo di capo di una banda di fuorilegge.
Un libro
La donna, la libertà, l’amore. Un’antologia del surrealismo (Electa)
Centinaia di versi e prose che celebrano le donne, la libertà del sentimento, l’inesauribile forza di passione e desiderio. Francesista e studiosa del surrealismo, Paola Decina Lombardi raccoglie i testi in un’antologia che è diventata una pietra miliare. C’è una nuova edizione del volume, che sfoggia in copertina Leonora Carrington e Max Ernst in una fotografia di Lee Miller, scattata nel 1937.
Max Ernst
Palazzo Reale di Milano, fino al 26 febbraio 2023.
Per info: www.palazzorealemilano.it
Immagine in apertura: Edipus Rex, 1922, collezione privata (Svizzera). Album / Fine Arts Images / Mondadori Portfolio © Max Ernst by SIAE 2022.