Skip to main content

Il live report di un concerto del 2012 della Treves Blues Band: il tempo passa, ma la passione resta immutata.

 

D al recinto dell’ippodromo alle vecchie cascine, ora inglobate nella periferia, non si vede un bel niente: la nebbia avvolge qualunque cosa incontri in un amalgama senza soluzione spazio-temporale e in un silenzio estraneo a Milano. Eppure, è sufficiente varcare la soglia dello Spazio Teatro 89 per essere avvolti dal calore e dal grande sorriso di Fabio Treves che, di lì a poco, sarà di nuovo sul palco con la sua Treves Blues Band, giocando in casa davanti a quegli ospiti che, uno ad uno, accoglie con un sorriso e una stretta di mano, chiedendo magari dove sia chi arriva in ritardo, prima di sparire nei camerini.

Quando la musica non ti limiti ad ascoltarla ma la approcci come una vera e propria disciplina, ti insegnano il suo valore nell’unione: prima dell’ego espressivo, prima dell’intrattenimento e del business, qualche nota è spirito di aggregazione di intere comunità, dalle anime disperse sui monti Appalachi ai costruttori degli argini del Mississippi. Oggi, nel teatro nessuno è solo: dal bambino che salta in piedi cantando a memoria ogni brano per poi correre verso il palco a fine concerto, alle coppie di mezza età che incontrano vecchi amici mentre cercano un posto, passando per i ragazzi che discutono gli effetti utilizzati sulle chitarre.

Questa sera, uomini e donne di ogni età si stringono intorno al Puma di Lambrate, il tutto a sigla del tour Blues In Teatro dove, mi viene raccontato, proprio questa musica ha raccolto fedeli e neofiti, riempiendo i teatri e facendo tremare le quinte con la sua visceralità, abbattendo i preconcetti delle scarse possibilità commerciali di un genere considerato marginale e riportando migliaia di persone a sedere tra le poltrone.

In oltre due ore di concerto senza freni, nessuno dei quattro sul palco si risparmia, persino la scaletta prende forma in corso d’opera, come quando Treves afferma, sogghignando, di non aver previsto un brano che si trova costretto ad accennare per rendere felice un ospite inatteso, uno della grande famiglia unita intorno alla TBB. Così si crea uno straordinario rapporto di fiducia reciproca con il pubblico, un feedback continuo che abbatte la distanza tra palco e platea come un uragano.

Accanto a Fabio Treves, spiccano imprescindibili le figure di Luca Nardi al basso e contrabbasso, un Massimo Serra che non si limita alla batteria ma salta fuori imbracciando la washboard e pure uno strumento homemade (una bottiglia di latte, un barattolo e un filo di nylon, in bilico tra una tradizione antica, ricerca etnomusicologia e musica industriale), Alex “Kid” Gariazzo passa in rassegna un intero parco di corde, tra lapsteel e mandolino, accompagnando la sua voce limpida e ferma nell’inseguire le evoluzioni all’armonica di Treves stesso. La tecnica e la perizia strumentale fluiscono in quella che è intensità melodica, senza intaccare una spontaneità e una capacità di impressionare senza confini.

I nomi di Fabio Treves e il mio sono vicini tra le pagine della stessa rivista e, ogni volta che mi capita di sfogliarla, ricordo quando, durante i nostri primi incontri, egli mi rimproverava il mio “dare del lei” a colui che consideravo, e considero tutt’ora, un monolito della musica, infrangendo ogni barriera e accogliendo chi sta lui accanto in un sentire comune, esattamente come stasera.

Tutto questo riempie di orgoglio vero e di responsabilità nel diffondere un messaggio, ma soprattutto fa capire la vera essenza della musica, quella primordiale, risalendo la corrente del Mississippi fino a tornare alle origini: un sentire comune, un’urgenza espressiva per chi suona, il piacere dell’ascolto per chi è pronto a starsene lì ad assorbire tutte le vibrazioni positive.

È semplicità disarmante, libera da ogni segno di divismo per tornare all’essenza più vera e ricordare a ogni battito la fortuna di chi tutto questo lo sa cogliere e assaporare: la musica è emozione pura.

Ed è l’unica cosa che ci sarà sempre e non potrà mai farti del male.

 

Originally published at missbangs.wordpress.com on January 11, 2012.

Samantha Colombo

Sono un'entusiasta delle parole per professione, etnomusicologa di formazione: scrivo, su carta e online, aiuto le persone a esprimersi attraverso la scrittura e navigo serena nella SEO editoriale. Un paio di cose su di me? Nell’anno della mia nascita, i Talking Heads pubblicano «Remain In Light» e la Cnn inaugura le trasmissioni.  Ho una newsletter, i Dispacci, e il mio primo romanzo è «Polvere e cenere».

Leave a Reply

Verificato da MonsterInsights