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A Milano, Charlotte Gainsbourg sale sul palco per l’unico concerto italiano, con i brani di Rest, la presenza del padre Serge e la sua magnetica poesia sonora.

 

È una presenza allo stesso tempo eterea e magnetica, sul palco così come sul grande schermo: se Charlotte Gainsbourg è in città, fiondarsi a vederla è d’obbligo.
Da sempre, la Gainsbourg sembra sfiorare con il proprio talento ogni tipo di espressività, lasciando una traccia indelebile, una firma unica. Siamo tutti preparati sulla sua biografia, giusto? Figlia di Serge Gainsbourg e Jane Birkin, come attrice vanta un catalogo di registi che l’hanno diretta pressoché infinito, come Franco Zeffirelli, Wim Wenders, Michel Gondry, Asia Argento, Alejandro González Iñárritu e Yvan Attal, solo per citarne alcuni. Da cantante, in tre decenni ha pubblicato cinque dischi e partecipato a diversi progetti musicali.

Defilata dai chiacchiericci del divismo e svincolata da un’eredità artistica e famigliare di grosso peso, si muove con l’umile sicurezza di chi ha imboccato la propria strada e non ha alcuna intenzione di mollarla: la Gainsbourg è tutto questo e il concerto al Fabrique di Milano è l’unica occasione per ascoltarla e vederla in Italia.
L’artista avrebbe dovuto infatti esibirsi al Radar Festival, all’inizio della scorsa estate, almeno fino a che l’evento non è stato cancellato. Superato il passato, Charlotte Gainsbourg e la sua band salgono su un palco per un concerto in bilico tra purezza elettronica e anima sanguigna, immersi in una scenografia lineare, incorniciata dai lampi di luce di cornici al neon.
In apertura c’è inoltre un’altra signora di talento: LIM, al secolo Sofia Gallotti dei Iori’s Eyes. Il disco Higher Living è stato il suo debutto solista e la sua raffinatezza è equilibrato apripista per chi si esibirà dopo di lei.

Protagonista della serata è Rest, il disco pubblicato lo scorso anno e che rappresenta una pietra miliare nel percorso musicale di Charlotte Gainsbourg: è infatti il primo che la vede autrice e interprete dei brani, cesellati minuziosamente in ogni dettaglio. Al suo fianco, come da tradizione, collaborazioni tra le più diverse, quasi un’oscillazione tra poli opposti, come quelle con Sebastian Akchoté, Guy Manuel de Homem-Christo dei Daft Punk e lui, Paul McCartney. Sin dai primi accordi, viene spontaneo un parallelismo: come i ruoli di attrice la vedono spesso alla prova con le innumerevoli sfaccettature dell’intimità, così i suoi brani assumono i contorni di una vera catarsi, diventano veicolo delle emozioni più diverse, taglienti, profonde, aprendo una sorta di nuova dimensione, non visuale, bensì sonora.
Sono le note di Lying With You ad aprire la scaletta, una tiepida melodia sospesa tra i testi cantanti in francese e inglese, che Charlotte esegue alle tastiere. Seguono le atmosfere diafane di Ring-a-Ring o’ Roses e quella Kate dedicata alla sorella scomparsa; compare poi Deadly Valentine, brano il cui video vede Charlotte impegnata dietro la macchina da presa.
L’esibizione scorre guidata da una Gainsbourg raffinata e magnetica, un percorso nell’intimità più assoluta a fare da contrappunto a riff di chitarra e tocchi alle tastiere, squarci di luce nel buio, con le venature elettropop che attraversano tutto il concerto. La scenografia minimale lascia spazio solo all’alternarsi di luce e buio, la voce è protagonista ed è ferma, racconta di perdita, dolore e rinascita, rielaborando la mancanza in arte pura.
Nell’ora e mezza di esibizione, c’è inoltre spazio anche per brani del passato, come The Songs That We Sing, i beat di Paradisco e l’incedere di Heaven Can Wait (che l’ha vista al fianco di Beck).

I momenti in cui parla con il pubblico sono rari eppure cristallini, quasi timidi: c’è spazio solo per la musica. Così, la Gainsbourg è in grado di filtrare attraverso la propria sensibilità anche materiale artistico di altri. Se da un lato cita la poetessa Silvia Plath, nel brano Sylvia Says, sul finire del concerto compare anche la Runaway Di Kanye West. Alla fine, è un’altra cover, quella su cui l’artista si congeda, ad essere emblematica: è il 1984 quando Charlotte debutta nel mondo della musica, accanto al padre Serge Gainsbourg, con il brano Lemon Incest. Un brano che diede scandalo, tanto quanto a questa parola ritorna nella sua vita, per annegare tuttavia in una debordante calma, cullata dalla professionalità di un’artista.
Charlotte Gainsbourg è il raffinato coraggio, la pura poesia.

Samantha Colombo

Sono un'entusiasta delle parole per professione, etnomusicologa di formazione: scrivo, su carta e online, aiuto le persone a esprimersi attraverso la scrittura e navigo serena nella SEO editoriale. Un paio di cose su di me? Nell’anno della mia nascita, i Talking Heads pubblicano «Remain In Light» e la Cnn inaugura le trasmissioni.  Ho una newsletter, i Dispacci, e il mio primo romanzo è «Polvere e cenere».

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