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Dal Nabucco del 1842 fino A riveder le stelle nel 2020, tra bombardamenti, contestazioni e divinità: i cinque (dei tanti) momenti in cui la Prima della Scala si è fatta storia

La Prima alla Scala di Milano non è né un semplice concerto né un mero evento mondano: da sempre, in un luogo dove vita sociale e politica di una città e di un intero paese si sono intrecciate tra palco e loggioni, il suo significato è ben più profondo. Al netto del valore culturale e storico, la Prima alla Scala è da sempre un riflesso del mondo intorno, l’occasione per accendere il pensiero su quanto accade. Quest’anno, per via dell’emergenza sanitaria, la Prima per eccellenza si trasforma difatti in uno spettacolo studiato e costruito per aderire ai linguaggi mediatici, in grado di approdare nelle case di tutti, a ricordare quanto resta di prezioso: la musica come arte, impegno, mestiere; ma soprattutto come messaggio universale di forza, unione, speranza.

Ecco cinque Prime alla Scala storiche, dalla più recente, quella di oggi, fino al lontano 1842 di quella rockstar risorgimentale di Giuseppe Verdi.

A riveder le stelle, la Prima alla Scala 2020

C’è ben poco che non sia stato detto sul 2020: l’anno che ha cambiato la vita di ciascuno di noi e che ha fermato, in modo drastico e repentino, musica e cultura. La Prima alla Scala non è cancellata, bensì ricreata: Riccardo Chailly dirige uno spettacolo pensato e realizzato per entrare nelle case di tutti, con orchestra, voci, ballerini e il lavoro delle maestranze in diretta streaming, radio e tv. Non una Prima canonica, dunque, bensì un grande spettacolo di opera e danza, con il repertorio che spazia tra Georges Bizet e Pëtr Il’ič Čajkovskij, Rudolf Nureyev ed Erik Satie, Giuseppe Verdi e Richard Wagner.

La contestazione del 1968 e il podio di Claudio Abbado

La contestazione del 1968 non può che riverberarsi anche sul teatro: la serata dopo la Prima al Circolo della Stampa è cancellata e, su suggerimento dell’ente lirico, l’abito di gala è sconsigliato. Tuttavia, la protesta esplode nella piazza: una scarica di uova colpisce gli spettatori, accusati di essere “borghesi sfruttatori”, non appena iniziano ad arrivare. Mentre questo accade fuori, una piccola nota: a dirigere l’orchestra con il Don Carlo di Giuseppe Verdi, sul podio, c’è un giovane direttore di talento. Il suo nome è Claudio Abbado e, per inciso, sei anni più tardi la sua bacchetta dirigerà proprio l’orchestra della Scala nella mensa dello stabilimento Necchi di Pavia, in un concerto per gli operai e tra gli operai.

Il 1951 di Maria Callas, la Divina, e la Prima a Sant’Ambrogio

La Prima della Scala nel giorno di Sant’Ambrogio è una tradizione all’apparenza secolare. In realtà, l’idea di suggellare il legame indissolubile tra il teatro è la città, fissando come data della Prima quella del Santo patrono di Milano, nasce nel 1951, su iniziativa dell’allora direttore Victor De Sabata. Tuttavia, calendario a parte, l’anno in questione è ricordato per ben altri motivi: sul palco c’è lei, la Divina Maria Callas nei Vespri Siciliani di Giuseppe Verdi. La sua estensione vocale infinita, il suo gesto sublime, il suo essere eccelsa, sul Corriere della Sera sono riassunti così: “La sua voce era di d’una bellezza fosforescente”.

11 maggio 1946: la riapertura della Scala dopo i bombardamenti

L’11 maggio del 1946, la Scala riapre le sue porte e torna all’antico splendore dopo la devastazione dei bombardamenti. Quella sera, sul palco, debutta una futura stella dell’opera, Renata Tebaldi, e del suo Te Deum è sopravvissuta anche una registrazione. Sul podio, c’è invece lui: Arturo Toscanini. Si racconta che, appena messo piede nel nuovo teatro dopo 16 anni di assenza, il Maestro batte un paio di volte le mani, per poi esclamare “È la Scala, è sempre la mia Scala!”. Quella sera, gli altoparlanti in piazza portano le celebri note di Verdi, Puccini e tanti altri alla folla che non è riuscita ad agguantare un biglietto, ma accade anche qualcosa di più, oltre il teatro affollato e oltre Milano: la musica diventa simbolo di rinascita, di bellezza che scaturisce dalle ceneri, di un’Italia intera pronta a tornare a vivere.

La Prima alla Scala del Nabucco di Verdi nel 1842

È il 9 marzo del 1842 quando, alla Scala, debutta il Nabucco di Giuseppe Verdi, su libretto di Temistocle Solera. A quei tempi, Milano è sotto la dominazione austriaca e, tra palchi e corridoi del teatro, serpeggia il fermento risorgimentale: il Va’ pensiero diventa un inno. L’ormai tangibile e fiero sentimento di indipendenza trova nella musica di Verdi la propria espressione, a sdegno di quella Restaurazione disegnata a Vienna quasi trent’anni prima. Inoltre, l’opera è da subito un successo e seguono oltre sessanta repliche nel primo di anno in scena, qualcosa di mai visto in precedenza.

Tutte le info per la diretta della Prima alla Scala 2020 sul sito ufficiale.

Si ringrazia per le immagini l’Ufficio Stampa del Teatro alla Scala (la foto di Toscanini all’apertura della Scala nel 1946 è di Piccagliani).

Samantha Colombo

Sono un'entusiasta delle parole per professione, etnomusicologa di formazione: scrivo, su carta e online, aiuto le persone a esprimersi attraverso la scrittura e navigo serena nella SEO editoriale. Un paio di cose su di me? Nell’anno della mia nascita, i Talking Heads pubblicano «Remain In Light» e la Cnn inaugura le trasmissioni.  Ho una newsletter, i Dispacci, e il mio primo romanzo è «Polvere e cenere».

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