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Le parti peggiori è il terzo singolo del cantautore milanese Meazza, un viaggio tra le tenebre del romanticismo.

Raccontare il lato oscuro dell’amore: il cantautore Meazza, al secolo Jacopo Pagani, ha da poco pubblicato il suo terzo singolo, Le parti peggiori, dove si addentra nei meandri tenebrosi del romanticismo.
Insieme, parliamo di comporre, del riuscire a intercettare sensazioni universali, del potere creativo e ristoratore della musica e diamo uno sguardo al futuro, tenendo ben saldo il timone sull’arte come passione, valvola di sfogo ma anche, e soprattutto, come professione totalizzante (e citiamo anche l’Inter).

Parliamo subito del tuo nuovo brano, Le parti peggiori. Affronti un argomento un po’ scomodo: è facile scrivere canzoni d’amore, scrivere del suo lato oscuro lo è un po’ meno. Come sei arrivato a comporlo?

Verissimo. È la stata la canzone che ha scelto me. Ho un processo di scrittura consolidato ormai, entro in contatto con una parte di me che non è quella razionale, ma quella sommersa, inconscia. Mi metto al piano e mi rendo conto solo dopo del tema che ho scritto ed è la cosa più simile a una fede o addirittura a una terapia che io conosca. Mi permette di entrare in contatto con cose sconosciute, di fare più luce e più chiarezza su questioni che non sapevo esattamente che tipo di forma avessero. Le parti peggiori, come hai detto tu, parla della parte black delle relazioni d’amore. E la cosa che mi soddisfa è essere riuscito a cogliere determinate vibrazioni, in un momento particolare della mia vita, che mi hanno permesso di trattare una tematica poco diffusa e non così facile, soprattutto perché scrivere un brano significa anche sintetizzare, essere incisivi. Spero che possa poi arrivare alle orecchie di chi ascolta per raggiungere quello che io considero il fine più nobile della musica: attraverso questo viaggio introspettivo che io faccio, che ogni cantante e musicista fa, riuscire a cogliere delle sensazioni universali e darle anche a chi ascolta.

Insomma, hai viaggiato dal particolare all’universale, trasformando quelle che sono le esperienze del singolo in qualcosa che può abbracciare tutti…

Penso di sì e penso che questo sia un grande potere della musica, quello di trovare nell’ascolto gli stessi benefici che ha trovato l’artista nel momento in cui ha creato l’opera.

Hai accennato il tuo sederti al piano. Passando al lato musicale, usi molto i contrasti, delle melodie pop accostate a sensazioni più profonde e oscure.

Questo processo di cui parli nasce in una seconda fase, la prima è quella della stesura della bozza con l’accompagnamento al piano, poi una volta nato il brano si passa alla fase successiva, con il mio produttore, Ioska Versari, molto meticoloso e a cui devo tantissimo. Con Le parti peggiori abbiamo voluto sottolineare il contrasto tra la pesantezza e la scomodità della tematica con il lato più pop della musica. Un po’ come dare la medicina con il succo di frutta!

Parlando appunto del tuo ingresso nel mondo discografico, sei al tuo terzo singolo, ma come nasce Meazza e come decide, a un certo punto, di dedicarsi interamente alla musica?

La musica non è solo passione, è un lavoro: se vuoi fare questa cosa a livello professionistico devi sapere che dedicare tempo ad altre attività andrà a influire sul tuo essere un musicista. Si tratta di scrivere e comporre canzoni, ma tutto il processo richiede preparazione, attenzione, attitudine mentale, il concentrarsi anche sul farsi sentire in giro, dedicare tempo alla comunicazione, anche sui social. Per quanto mi riguarda, sono nato con passione per la musica: sin da bambino, per me è sempre stata una valvola di sfogo e un gioco. Sono nato in una famiglia che ha sempre avuto l’arte come protagonista e questo mi ha portato a scegliere la musica come mia personale forma di linguaggio. Ho attraversato fase di sperimentazione, fino a che ho deciso di lasciare il lavoro e mi sono aperto uno studio e ho iniziato seriamente a dedicarmi a questo.

E il nome Meazza da dove arriva?

Arriva con una forte componente di casualità, perché è nato aprendo un libro di calciatori e mi è uscita la pagina di Peppino Meazza. Questo nome per me racchiude le grandi passioni: la musica, lo Stadio Meazza è un simbolo, per tutti i concerti che ha ospitato; il calcio, perché sono un tifoso e appassionato interista; e poi la città di Milano, l’appartenenza, quel dato che mi caratterizza e mi differenzia, ad esempio dalla scena romana.

A proposito di scene musicali, tu che musica ascolti?

Diciamo che faccio fatica ad ascoltare musica straniera, in quanto lavedo come una forma di poesia: penso quindi a De Gregori, Guccini e De André, ma anche alla nuova scuola, come Fulminacci e Coez. Quando ascolto musica italiana, mi emoziono veramente: credo non si tratti solo di melodie e strumenti ma, come dicevo, di una forma di poesia. E io cerco di trasmetter questa importanza che assegno al testo nell’ascolto anche nelle canzoni che propongo.

Samantha Colombo

Sono un'entusiasta delle parole per professione, etnomusicologa di formazione: scrivo, su carta e online, aiuto le persone a esprimersi attraverso la scrittura e navigo serena nella SEO editoriale. Un paio di cose su di me? Nell’anno della mia nascita, i Talking Heads pubblicano «Remain In Light» e la Cnn inaugura le trasmissioni.  Ho una newsletter, i Dispacci, e il mio primo romanzo è «Polvere e cenere».

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