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Sinestesia e musica, così l’arte dà forma al futuro

Può la musica plasmare il futuro, anticipare il presente? A giudicare dalle opere raccolte per la rassegna Sinestesia e musica, la risposta è affermativa. Non solo: la musica continua, ogni giorno, a migliorare e rinnovare la nostra vita.

Nelle sale della Triennale di Milano, da luglio a dicembre 2022, si tiene la 23° Esposizione Internazionale: la rassegna assume le sembianze di una costellazione di ricerche e progetti, opere d’arte e visioni che esplorano la materia oscura e gli abissi della coscienza, i fondali degli oceani e le micro particelle prive di massa del cosmo. Il viaggio è verso l’ignoto e oltre, animato da una costante tensione verso il nuovo, verso nuovi approcci in grado di fornire una visione della realtà alternativa, di ristabilire, oggi più che mai, l’armonia tra uomo e ambiente. Sono tre le mostre principali che la animano: Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries, Mondo Reale e La tradizione del nuovo.

Proprio all’interno di quest’ultima esposizione, sono evidenziate in particolare le ricerche che hanno dato un impulso inedito a una nuova visione del mondo, tra fallimenti clamorosi e successi insperati, nel tentativo di un dialogo costante tra le arti. In particolare, la musica è protagonista della sezione Sinestesia e musica, dove si impone la natura esplorativa di quest’arte e lo spirito avventuriero di chi la vive e studia ogni giorno. Può dunque la musica dare forma al futuro? Ne ho parlato in modo approfondito con Pierluigi Ledda, Managing Director dell’Archivio Storico Ricordi, luogo prezioso da cui arrivano molti dei materiali esposti in Triennale.

Partiamo dal nome della rassegna: Sinestesia e Musica. Cosa rappresentano questi elementi e quali sono le idee che fanno scoccare oggi nella nostra mente?

La musica ha spesso plasmato dei prototipi di futuro, prefigurato un orizzonte non immediatamente percepibile nel presente. Altre volte ha saputo sublimare la fascinazione che abbiamo per il concetto stesso di futuro, quindi l’ignoto. In merito al concetto di sinestesia, sono praticamente infinite le relazioni tra musica e altre discipline come le arti visive o l’architettura. Per risponderti mi viene in aiuto la recente collaborazione con Triennale per la mostra La tradizione del nuovo, a cui l’Archivio Storico Ricordi ha contribuito proprio nella sezione intitolata proprio Sinestesia e Musica con dirompenti partiture grafiche di Sylvano Bussotti, Luciano Berio, Salvatore Sciarrino, Marco Stroppa e Adriano Guarnieri. L’introduzione traccia un sentiero “sinestetico” tra musica e design e recita così:

Il design italiano vive di innesti multimediali. L’arte e la tecnologia sono stati i principali contributi che col tempo hanno favorito una smaterializzazione dell’artefatto. Il design diventa molteplice. Pervasiva è la sua azione creativa che rimane materia costruttrice anche in campi inediti da cui può attingere saperi. Questo approccio ha favorito distorsioni percettive, incroci semantici, dialoghi impossibili. La composizione musicale e le avanguardie teatrali, così come gli studi semiotici e la tecnologia elettronica applicata al suono sono stati i territori di incontro tra intellettuali, musicisti e progettisti. Lo spartito, la scenografia, il videoclip, la suoneria, il prodotto industriale, la grafica, la pittura si sono fusi in progetti all’insegna della commistione dei linguaggi. L’opera musicale e i lavori raggruppati in questa sezione sono traiettorie, moti spontanei, eccezioni alla regola che esplorano un’area del sapere che altera la matematica della musica tradizionale e gioca con codici privi di caratteristiche riconoscibili.

La musica ha spesso plasmato dei prototipi di futuro, prefigurato un orizzonte non immediatamente percepibile nel presente.

Pierluigi Ledda

La musica quindi fornisce un contributo essenziale al miglioramento della vita e alla sperimentazione di nuove idee. Quali sono, secondo te, le esperienze più interessanti in tal senso?

Credo che la musica migliori le vite in tanti modi, primo perché amplifica la nostra socialità e il piacere della condivisione, poi perché stimola l’immaginazione e la fantasia. Ogni esperienza musicale, piccola o grande, domestica o pubblica, ha un qualche peso, costituisce un tassello in un percorso personale, questo vale ancora di più per i curiosi che non si accontentano di subire passivamente la musica ma che si avventurano in territori inesplorati. Quindi in tal senso quanto più sono “forti” queste esperienze, tanto più è grande l’impatto che la musica avrà esercitato su ciascuno di noi. Personalmente penso al peso che hanno avuto per me (e per tanti miei coetanei) le esperienze del club alla fine degli anni ’90, poi a seguire i festival, e oggi il piacere di surfare tra contenuti online senza soluzione di continuità, tra Youtube, piattaforme di streaming, radio e podcast online.

Credo che la musica migliori le vite in tanti modi, primo perché amplifica la nostra socialità e il piacere della condivisione, poi perché stimola l’immaginazione e la fantasia.

Pierluigi Ledda

Basandoti sulla memoria storica dell’archivio e guardando alla contemporaneità, come vedi la situazione attuale di ricerca e sperimentazione? Quali sono i margini di movimento e le difficoltà?

Vorrei far mia una recente riflessione del filosofo Emanuele Coccia, chiamato a fare un ragionamento sul ruolo dei musei, e quindi degli archivi che inevitabilmente li popolano, nella contemporaneità:

Assistiamo a una strana forma di evoluzione della funzione museale, cioè di quei luoghi adibiti a esporre artefatti, a rendere visibili serie disparate di oggetti. C’è recentemente stato un aumento di una funzione prima marginale: non si va al museo per conoscere il passato, per vedere cos’era prodotto in un dato momento storico, ma sono sempre più luoghi votati alla divinazione di un futuro prossimo, luoghi dove si va per capire cosa succederà dopodomani, ovvero un futuro prossimo ma che non è deducibile immediatamente dal presente. Questa evoluzione è legata anche alla trasformazione globale delle forme di conoscenza. Si riflette troppo poco su come la rivoluzione digitale ha cambiato il nostro rapporto con la conoscenza. Prima di internet per conoscere qualcosa era necessario spostarsi fisicamente (come andare in biblioteca o chiamare qualcuno per avere l’informazione), il mondo era uno spazio in cui la realtà era più vasta e più densa della conoscenza, dell’archivio, infatti per questo produrre conoscenza significava produrre degli archivi. Oggi invece è successo il contrario, ovvero abbiamo degli archivi (gli smartphone e il web) che sono molto più vasti e densi (e anche più popolati) del reale, e per questo motivo ci vuole più tempo per navigarlo, per cui la funzione del museo è diventata impostante, cioè il museo è la macchina per conoscere e trasformare l’archivio. Cosa fa una mostra? Prende oggetti che non sono contigui nell’archivio, li mette assieme nel mondo reale per produrre un’alchimia che produce una nuova conoscenza.

Ecco, faccio volentieri mia questa chiave di lettura che spiega meravigliosamente l’importanza degli archivi oggi, quindi oggetti a uso e consumo di noi contemporanei per la produzione di nuovo senso, oltre che di conoscenza. È altrettanto evidente da tante pratiche artistiche fondate sugli archivi che questi ultimi possono addirittura diventare delle piattaforme di sperimentazione, fornendo agli artisti una materia prima, documentale o concettuale, da plasmare e reinventare. È quanto abbiamo cercato di fare con la recente collaborazione con il MAXXI e l’artista Rosa Barba, che in occasione della mostra Opera Opera – Allegro ma non troppo al PalaisPopulaire di Berlino ha realizzato un’opera, intitolata No – Orchestra con nastro, liberamente ispirata ai documenti di Luigi Nono conservati in Archivio.

L’Archivio Storico Ricordi è una panacea di esperienze, idee, testimonianze. Qual è il suo ruolo, e in generale il ruolo della conservazione del patrimonio musicale, nella società di oggi?

Il ruolo primario di tutti gli archivi è quello di conservare e condividere la conoscenza. Il tratto principale dell’ASR è quello musicale, quindi oltre alla ricerca è fondamentale che i materiali rivivano attraverso l’esecuzione e l’ascolto. Ma a questo tratto se ne aggiungono molti altri, in primis quello imprenditoriale, perché Casa Ricordi è stata una vera e propria industria culturale ante-litteram, quindi una storia aziendale molto significativa in Italia e non solo preziosa per capire le industrie creative contemporanee. L’Archivio parla anche di teatro attraverso la documentazione degli allestimenti delle opere, parla di grafica con i manifesti e le grafiche realizzate dalle Officine Grafiche Ricordi, di discografia con l’avventura della Dischi Ricordi, di editoria periodica con le sue riviste recentemente pubblicate online sulla nostra Collezione Digitale. Quindi è un universo a più strati in cui si intersecano discipline e prospettive molto diverse, questo trova riscontro nello spettro di richieste che riceviamo, sempre molto largo e stimolante.

Per musicologi e musicofili, l’esistenza di un luogo come l’Archivio Storico Ricordi è una necessità. Fuori dalla nostra bolla, come avvicineresti una persona a questo mondo?

L’approccio che ho adottato consiste nel richiamare quei tratti di modernità che l’Archivio testimonia con i suoi documenti. La complessità che Casa Ricordi gestiva nell’Ottocento per produrre e mettere in scena le opere dei suoi compositori ha molto in comune con le moderne industrie cinematografiche. O ancora l’introduzione del diritto d’autore in Italia, avvenuta proprio grazie al lavoro di Ricordi e Giuseppe Verdi, ha gettato le basi del moderno sistema di retribuzione degli autori e rivoluzionato anche il fare artistico. Inoltre dai documenti, penso ad esempio alle corrispondenze con i compositori, emerge sempre fortissima la vitalità delle persone nel loro tempo, quindi non più sagome di una storia remota ma individui in carne ed ossa che operano in un tessuto sociale. In questo senso credo sia possibile avvicinare la nostra sensibilità a quelle di secoli passati.

Quali sono i prossimi progetti in cui vedremo coinvolto l’Archivio?

Siamo al lavoro per pubblicare la collezione fotografica dell’Archivio, una prima release molto significativa sarà disponibile online sulla nostra Collezione Digitale all’inizio del 2023. Prosegue inoltre il podcast The Music Folder, a cui recentemente hanno preso parte il critico musicale Simon Reynolds e il compositore Gavyn Briars, intervistati rispettivamente da Francesco Tenaglia e Veniero Rizzardi. Siamo anche al lavoro ad una pubblicazione che approfondirà un tratto importante ma poco noto di Casa Ricordi, ma non posso anticipare troppo.

Immagini dalla rassegna Sinestesia e musica, presso Unkwown Unknowns, 23° Esposizione Internazionale alla Triennale di Milano. Per gentile concessione dell’Archivio Storico Ricordi.

Samantha Colombo

Sono un'entusiasta delle parole per professione, etnomusicologa di formazione: scrivo, su carta e online, aiuto le persone a esprimersi attraverso la scrittura e navigo serena nella SEO editoriale. Un paio di cose su di me? Nell’anno della mia nascita, i Talking Heads pubblicano «Remain In Light» e la Cnn inaugura le trasmissioni.  Ho una newsletter, i Dispacci, e il mio primo romanzo è «Polvere e cenere».

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